lunedì 16 settembre 2013

Emilio Lavoretano, il marito di Katia Tondi la Vittima, comunica:


«Sono quasi due mesi che rimango in silenzio rispetto alle tante cose inesatte che leggo e sento, da ultimo, ieri, in una trasmissione televisiva. Se gli opinionisti ed i giornalisti ragionano su basi che con corrispondono alla verità, il loro intervento che mi auguro abbia il mio stesso fine, che è quello di trovare l’assassino di mia moglie, non risulta utile alle indagini.
Io non so chi è entrato nella nostra casa quale scopo avesse, ma la porta di ingresso dell’appartamento dove vivevo con Katia ha segni di scalfittura sul copri toppa esterno ed una deformazione del telaio. Voglio precisare anche che, la somma di danaro a cui si fa spesso riferimento e che non è stata rubata, era in un salvadanaio che io e Katia avevamo fatto per affrontare le spese del battesimo di nostro figlio.
E’ verissimo che il salvadanaio non è stato preso e me ne sono accorto proprio io qualche giorno dopo la tragedia e l’ho riferito agli inquirenti.
Per quanto riguarda gli oggetti di valore asportati, a parte una collana con punto luce ed una con un serpentino ed un anello, oltre la fede nuziale, Katia non aveva in casa altri oggetti se non bigiotteria di poco valore, tra cui sembra sia stato rovistato poiché vi erano, in casa, scatolini portagioie sparsi.
Questi sono dati inconfutabili!
Per quanto riguarda le dichiarazioni di tutti i soggetti che sono stati sentiti, non conosco il contenuto delle stesse, né credo lo conoscano giornalisti ed opinionisti, e certo non ci si può attenere a spezzoni di interviste televisive.
Invito, quindi, tutti ad attendere, cosi come sto facendo io, il giorno in cui si avrà il diritto di leggerle. L’avviso di garanzia dal quale sono stato colpito e del quale non conosco le ragioni perché ho sempre risposto a tutte le domande che mi sono state poste dagli inquirenti, al fine di collaborare alla ricerca dell’assassino, spero non fermi le indagini anche in altre direzioni, perché ciò porterebbe a non trovare mai il colpevole di un fatto di sangue gravissimo e che ha cambiato la mia vita, quella della famiglia di mia moglie, nonché della mia famiglia ed irrimediabilmente, più di tutti, quella di mio figlio, che mai potrà pronunciare la parola mamma, non avendola imparata prima che la sua dolce e premurosa mamma fosse barbaramente uccisa. Ho piena fiducia nel mio legale, avvocatessa Natalina Mastellone e del gruppo di lavoro da lei finora scelto, e di cui deciderà di avvalersi affinché si faccia luce sulla tragica vicenda che mi ha colpito. Il professor Carmelo Lavorino criminologo ed investigatore ha, immediatamente, avviato le indagini senza tralasciare alcuna pista e confido che condurranno, al più presto alla verità affinché l’assassino venga assicurato alla giustizia ed io sottratto al dubbio di un’azione così grave». (In fede - Emilio Lavoretano)