La sentenza di condanna di Raniero Busco interpreta congetture non dimostrate da nessuno come certezze; dati incerti, non dimostrati e ambivalenti come certezze; dati non gravi e anch'essi incerti come "gravi e significativi".
La sentenza applica il principio del terzo escluso "Chi se non lui?". Sceglie di premiare il ragionamento molto forte ed amalgamato dell'impianto accusatorio. Punisce severamente la debolezza della strategia e della linea della difesa dell'imputato, l'incertezza e l'incoerenza del suo comportamento processuale, il fatto che la difesa Busco non abbia attivato efficienti indagini difensive e criminalistiche, la sua incapacità nel confutare l'accusa e i testimoni contro, l'inerzia nel dimostrare che Busco nel 1990 aveva prodotto un alibi agli inquirenti che lo avevano messo sulla graticola.
Non riesco a comprendere, ancora, perché la difesa di Busco abbia scelto la linea che Simonetta fosse stata assassinata dopo le 17,30 e non entro le 16,30; perché non abbia scelto di dimostrare che l'assassino ha usato diverse volte la mano sinistra per colpire Simonetta sia a mano nuda sia con il tagliacarte; perché non abbia richiesto perizie tecniche, biologiche e medico legali per individuare l'ora della morte, se l'assassino abbia usato la mano sinistra, sul sangue sulla porta, sul computer della vittima e su altri aspetti topici.
Ritengo che la difesa di Busco (1) abbia svilito l'istituto delle indagini difensive, abbia seminato male e raccolto peggio, (2) abbia attinto molto dal mio libro "Il delitto di Via Poma - Sulle tracce dell'assassino" e dalle mie indicazioni ed avesse i dati e gli strumenti per vincere il processo: invece ha scelto la strada dell'immodestia e dell'ingratitudine, (3) abbia usato Busco e il suo entourage come passepartout per talk show televisivi e per un'effimera visibilità mass mediatica.
... a proposito di "male": chi è causa del suo mal pianga se stesso!