mercoledì 10 agosto 2011

Omicidio Melania Rea: cinque considerazioni

È stato ipotizzato che le mani di Melania riunite sul petto indicassero un tentativo di difendersi dai colpi mortali. Ritengo, invece, che sia stato l’assassino a disporle le mani sul petto dopo averla ferita a morte:  un atto di matrice psicologica indicatore di negazione psichica, di rimorso, di disfacimento del crimine da parte dell’esecutore, un tentativo di chiusura della scena cruenta. Un atto che è la firma psicologica dell’assassino, derivante dal bisogno intimo di riparazione del crimine e di allontanarsi da esso. Un atto che indica una relazione affettiva fra vittima ed aggressore.

C’è da chiedersi come mai sul corpo e sui vestiti di Melania non siano state rinvenute tracce dell’azione di animali boschivi e i loro residui organici ed alcuna spora degli alberi, nonostante il corpo sia  rimasto sul posto per 48 ore. È altamente probabile che sia stato ricoperto con un telo mimetico. Tale considerazione porta a individuare particolari possibilità, capacità, opportunità, competenze e logistica del soggetto ignoto.

Se sugli slip e sui pantaloni di Melania non vi sono tracce organiche del bisogno corporale che è stato ipotizzato stesse attuando (accosciata per fare la pipì), si deve disegnare una nuova dinamica del delitto e dell’aggressione alle spalle e ulteriori inedite attività di depistaggio ed alterazione della scena.

Occorre verificare la corrispondenza fra i fori, le lacerazioni e i tagli sugli abiti di Melania e le lesioni sul cadavere per definire la linea esecutiva cronologica del crimine.

Certo è che ci sono state, COME MINIMO, due diverse fasi esecutive temporali di aggressione, di inflizione dei colpi d’arma bianca e di manipolazione della vittima.