PERMESSO PER IL SERIAL KILLER DONATO BILANCIA
I serial killer non possono
essere recuperati a prescindere dalla motivazione che li ha spinti a
uccidere, sono dominati dall'istinto di morte e dalla coazione a
ripetere: sono un pericolo permanente per la società e devono
restare in carcere per tutta la vita senza sconti e/o premi. Difatti,
TUTTI i criminali seriali che hanno usufruito
di agevolazioni, sconti di pena e permessi hanno colpito senza pietà
e, in questo contesto, i serial killer sono i peggiori.
Donato Bilancia non sfugge a
questa regola, anzi, essendo un serial killer del tipo complesso,
organizzato e prolifico, è enormemente pericoloso, lasciamo stare
poi le questioni pentimento, perdono, ravvedimento et similia.
Bilancia, 17 omicidi e due
tentati omicidi in circa sei mesi, ha ucciso per una serie di motivi
complessi, saldati dal triplice elemento collante
e propulsivo del "risentimento per molte situazioni che lo hanno
visto sconfitto e tradito", più "l’odio contro le donne
che considerava tutte "puttane
che devono inginocchiarsi a lui" e
"motivi economici e di
depistaggio"". Alla
suddetta terna si sono uniti tre antichi gruppi di sentimenti
negativi già saldatisi in un unico tronco: 1) il rancore verso la
coppia genitoriale (il padre Rocco e la madre Anna Mazzaturo) per i
noti motivi risalenti all'infanzia ed all'adolescenza, per le
angherie e gli insulti del padre, per lo scarso affetto che la madre
gli dimostrava; 2) il disprezzo assoluto e l'odio glaciale nei
confronti del padre col quale mai ha tentato e/o potuto
identificarsi; 3) l'odio contro la cognata che reputava l'assoluta
responsabile di tutte le sue disgrazie, del suicidio del fratello
Michele e della morte del nipotino Davide.
Al che,
che Bilancia abbia ottenuto un permesso per andare a visitare la
tomba dei genitori che quando erano in vita ha sfregiato
psicologicamente anche con i suoi omicidi, addirittura andando ad
ammazzare a Cogoleto in vicinanza della loro casa estiva, è
emblematico del personaggio e della sua logica.
Non reputo
che un serial killer possa essere "redento", "compreso",
"perdonato" e "reinserito nella società", a
prescindere dalle motivazioni e dallo stato psichico che lo hanno
indotto a uccidere. Nemmeno credo che Bilancia sentisse l'imperiosa
voce interna che lo obbligava ad alzarsi per andare a uccidere,
allucinato e impossibilitato a disobbedire, perché, se così fosse
accaduto, Bilancia non avrebbe potuto organizzare piani astuti ed
eseguirli tramite azione logiche, coordinate, consequenziali e
mirate. Certamente non avrebbe costruito preventivamente la chiave
falsa per entrare nel condominio dove ha ucciso il metronotte Canu, o
la chiave quadra per entrare nelle toilettes dei treni. Bilancia è
andato a uccidere per due volte a Ventimiglia i cambiavalute Marro e
Gorni per motivi tattici, economici e psicologici, così come la
scelta di uccidere sui treni non è stata improvvisa ed estemporanea,
ma frutto di un sottile perfido calcolo.
Se
Bilancia fosse stato preda della "cattiva voce assassina"
non avrebbe potuto (1) avere lucidissimi schemi mentali e piani
operativi, (2) effettuare sopralluoghi per studiare le modalità, i
tempi e le tattiche per gli omicidi, (3) effettuare i calcoli dei
tempi esecutivi e dei tragitti, delle vie di fuga, (4) organizzare
comportamenti per la logistica e l'autosicurezza. Certamente non
avrebbe potuto/dovuto pianificare gli omicidi per i motivi di
depistaggio e strumentali alla sua strategia, con le scelte
stilistiche, geniali e mutevoli, condite anche da bluff e sfide.
Bilancia
viveva e ospitava la pulsione omicida slatentizzatasi dopo circa nove
lustri di vita nel crogiolo della sua psiche e della sua logica di
ladro professionista e giocatore estremo, però, poteva scegliere se
obbedire alla pulsione o respingerla. Poteva scegliere ed aveva i
suoi freni inibitori: il problema era che aveva preso gusto a quel
mondo nuovo e terribile, a uccidere, ad "abbattere i birilli",
a quelle sensazioni, emozioni e turbolenze della vita e della mente.